SETTE VOLTE PASQUA
Data di pubblicazione: 03/04/2010
Care sorelle e Cari fratelli scout,
Voglio augurarvi sette volte Buona Pasqua… Buona Pasqua, sono le parole di augurio che in questi giorni utilizziamo nelle nostre cartoline, nelle nostre e.mail e persino negli ormai famosi sms che inviamo agli amici. Personalmente mi sono chiesto se oggi comprendiamo, queste due parole nel loro significato più vero ed originario. Cosa vuole dire augurare “Buona Pasqua” ai nostri amici? Dal punto di vista storico sappiamo che si può parlare di diverse tradizioni della Pasqua: La Pasqua che celebriamo noi cristiani è quella di Cristo che passò dalla morte di croce alla risurrezione. Un rito che, come è noto, è prefigurato nel racconto dell’Esodo, il racconto di un altro passaggio: dalla schiavitù d’Egitto alla liberazione della terra promessa. Evento che a sua volta “ricorda” un altro rito: quello della transumanza delle greggi nelle nuove zone di pascolo. La notte scelta per questo passaggio doveva essere la notte più illuminata della primavera, la notte di luna piena. Come vedete il termine ricorrente è appunto quello del "passaggio" . Il termine Pasqua fa dunque riferimento ad una situazione di cambiamento, fa riferimento ad una situazione che va mutata. Appare allora chiaro che augurare buona pasqua equivale a dire: “ti auguro di cambiare vita, di passare da una situazione negativa ad una positiva, dalla morte alla vita di Cristo” Quali sono dunque questi cambiamenti che come fratello scout mi sento di augurarvi? lasciamoci guidare dalle parole che il Cristo pronuncia sulla croce. «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Queste sono le parole di un uomo condannato a morire con una modalità terribile e ignominiosa: quella della croce. Una pena crudele che veniva inflitta solo ai peggiori criminali. La storia vuole che queste persone, criminali e violente, in quel momento di sofferenza, maledicessero il giorno in cui erano nate e si abbandonassero ad improperi e bestemmie verso i carnefici e verso gli astanti che assistevano allo “spettacolo di morte”. Talvolta si doveva persino tagliare loro la lingua per evitare che dicessero parole di offesa contro l’imperatore. Il “passaggio” che opera Gesù Cristo sulla croce sta in questo nuovo linguaggio, in questa nuova parola: “Perdonali”. Non più parole di odio, di vendetta o di offesa, ma parole nuove che aprono alla speranza e alla riconciliazione. Il mio primo augurio di Pasqua è proprio questo: Là dove è offesa, possiate "passare" alla misericordia. Là dove è odio, possiate "passare" al perdono. Là dove è guerra, possiate "passare" alla pace. «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46). Se le prime parole di Cristo in Croce sono parole di perdono per nemici e peccatori, queste parole invece, esprimono, almeno al primo impatto, il dramma di un uomo di fronte alla sua sofferenza: dov’è Dio? Perché non mi risponde? Perché mi accade tutto questo? Perché proprio a me? E continuando ancora: Perché la morte di un amico? Perché la morte del giusto? Perché quella morte prematura? Sono i molti modi umani, assolutamente umani, di reagire di fronte alla sofferenza che ci appare sempre come inspiegabile. Gesù appare l’uomo giusto che, messo alla prova, reagisce come tanti di noi. Eppure a leggere bene quelle parole non è affatto così: Dio mio, Dio mio … sono le parole del salmo ventidue, salmo che apre con la supplica, continua con il ringraziamento e chiude con una prospettiva messianica di salvezza. Dio mio, Dio mio … sono, in questa prospettiva, parole di invocazione di un uomo sofferente che anziché affidarsi alla invettiva o alla lamentela, si affida alla preghiera. Il secondo augurio di Pasqua, allora, è di "passare", come il crocifisso morente ci invita a fare, "passare" - per i nostri tanti perché - dalla lamentela, dalle lagnanze varie e forse persino dal rimprovero a Dio, alla preghiera che si fa ringraziamento. Dalla tristezza per la sofferenza del giusto, alla certezza della risurrezione. «Ho sete» (Gv 19,28) Ho sete… sono solo due parole ed esprimono il senso dell’amore che Dio ha nei confronti dell’umanità. Quello di cui si parla qui non è la sete di un uomo sofferente, ma la sete di Dio che cerca l’uomo. In effetti come può il creatore vivere senza la sua creatura? Come può un pastore vivere senza il suo gregge? "Ho sete" due parole esprimono il grido di Dio che cerca l’uomo, che “ha sete” della sua creatura. Probabilmente l’uomo di oggi è troppo distratto dagli interessi terreni per volgere le orecchie verso quella voce che dall’alto dell’albero della croce, invoca la sua presenza. Il mio terzo augurio di Pasqua è che possiate sentire quella voce, che possiate lasciarvi conquistare da fascino meraviglioso della voce di un Dio che è amore e che vuole essere amato. «Donna ecco tuo figlio» (Gv 19,26) Il Vangelo di Giovanni aggiunge poi ciò che altri evangelisti non riportano: «Donna ecco tuo figlio». Qui Cristo ci invita a compiere un altro "passaggio": sentirci figli della Chiesa. Tante volte ed anche in questi ultimi tempi abbiamo sentito rivolgere accuse infamanti contro la Chiesa. Questa nostra madre che ha certamente le sue macchie (il Papa stesso ci ha aiutato a comprendere che queste macchie sono diventate «sporcizia») ma è pur sempre nostra madre. E’ importante che non ci sentiamo figli di nessuno, ma figli della Chiesa di Cristo. Il "passaggio" che tutti dobbiamo compiere è proprio questo: nella Chiesa aumentano sempre di più coloro che pensano di poter credere a modo proprio, senza considerare necessario accogliere, totalmente, le parole di Cristo che ci invitano a credere nella Chiesa e con la Chiesa; a saperci affidati a Lei; a saperci suoi figli. Il mio quarto augurio è che possiamo «passare» anche noi a sentirci figli di una Madre che ha saputo soffrire sotto la croce; possiamo "passare" ad affidarci ad una madre che ha voluto contribuire, con il suo dolore, a riunire i figli di una famiglia dispersa e disgregata dal peccato: Madonna degli scout, prega per noi. «tutto è compiuto» (Gv 19, 30). L’uomo appeso alla croce ci dice: tutto è compiuto. La sua azione, per restituire all’uomo la salvezza, si è definitivamente compiuta e a caro prezzo. Eppure a quest’opera, tutta compiuta, manca ancora qualcosa… lo dice San Paolo, quando scrive ai Colossesi: "Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa"(Col 1,24). L’opera tutta compiuta, esige di essere definitivamente completata dal nostro dolore e dalle nostre sofferenze. Il mio quinto augurio di Pasqua è che, quando si verifica anche per noi la notte buia e oscura del dolore e della sofferenza, fisica o morale, sappiamo leggerla, non come disperazione, ma come partecipazione alla storia della salvezza. Anche noi, come San Paolo dobbiamo "passare" a saper leggere le nostre sofferenze e il nostro sacrificio come necessario completamento delle sofferenze di Cristo. Se anche la vita ci dovesse consegnare una sofferenza irreversibile, dobbiamo poter "passare" a viverla come occasione privilegiata: Dio ci ha prenotato un «posto riservato» nella storia della salvezza e nel paradiso. «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Soltanto il Vangelo di Luca ci riporta queste ultime parole: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» Queste sono le ultime parole e sono riservate al Padre. Dopo essersi preoccupato dei nemici e dei peccatori, del mondo e degli uomini ora si preoccupa del suo ultimo e definitivo "passaggio". Più che passaggio questo si potrebbe definire un ritorno: Cristo era venuto nella storia ora ritorna al Padre. Dal buio della sofferenza si prepara a fare il suo ingresso nella eternità da dove era venuto. Queste parole aprono la via al Paradiso e ne spalancano le porte anche a noi. Queste parole ci indicano la meta a cui tutti siamo destinati: l’eternità. Come sesto augurio di Buona Pasqua, allora, vorrei potervi augurare non un "passaggio" ma un vero e proprio "tuffo" nella volontà di Dio e un affidamento totale e senza riserve in Lui, che è la vita eterna: chi crede in me non morirà ma vivrà in eterno. Un ultimo "passaggio" poi vi invito a compiere: quello delle donne che nel sabato santo si recano al sepolcro. Tra quelle donne vi era Maria di Magdala: «Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi? ”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù» (Gv 20,11-14). Questa donna, per poter vedere Gesù, si è dovuta “voltare”, ha dovuto compiere un movimento di conversione, ha dovuto cambiare direzione del suo volto e di tutta se stessa. Di fronte alla morte e alla sofferenza, Gesù ci invita a volgere i nostri occhi verso di Lui, a guardare oltre, ci invita a guardare verso la luce vera, verso la risurrezione, verso la Via la Verità e la Vita. L’augurio finale, il settimo, è che in questa notte di plenilunio, che illumina “la Strada”, in questa alba di "passaggio", il Signore Risorto ci aiuti a guardare oltre, a guardare verso la luce vera, verso la resurrezione, verso la Via la Verità e la Vita. Buona Pasqua, carissime sorelle e fratelli scout. Francesco Marchetti - Adulto&Scout - |