Camarda.
Data di pubblicazione: 10/08/2009
CAMARDA
E’ una frazione de L’Aquila situata sulle pendici del Gran Sasso a un’altitudine di circa 800 m s.l. m. E’ un borgo antico. Le sue origini risalgono presumibilmente intorno al mille e conservava degli angoli bellissimi di antica memoria. In passato la maggiore risorsa economica del borgo era la pastorizia, allevamenti di bovini e cavalli allo stato brado. I cavalli e i bovini, nella stagione estiva, venivano portati in alpeggi su circa 1000 m e lasciati pascolare in libertà. Diverse sono le storie sull’origine del toponimo Camarda:

  • Come arda = nel medioevo, sembra che un grande incendio avesse colpito la zona, e i popolani nello scappare gridassero come arda e da qui Camarda.
  • Come arda = sempre nel medio evo si incendiarono le stoppie del grano che in dialetto del luogo vengono ancora oggi chiamati cama e i popolani che vissero l’evento sembra che dicessero la cama arda da qui Camarda.
  • Versione più etimologica del nome Camarda, legata alla pastorizia. I pastori che nelle loro transumanze abitavano in tende ma arrivati in questi luoghi trovarono molti anfratti e grotte naturali simili alle tende ma con pareti più dure, in dialetto si traduce “arda”. Quindi camera arda che divenne Camarda toponimo del luogo.


Vi era una tradizione a Camarda, tra mito e leggenda, la quale racconta che circa 80 anni fa un uomo si affidò alla Madonna per la riuscita di un importante intervento chirurgico che doveva sottoporsi e che ebbe esito felice: l’uomo ebbe salva la vita! Per riconoscenza l’uomo dipinse un quadro della sacra famiglia che da quel giorno, per tradizione, gira tra le famiglie Camardesi. La famiglia ricevente la venera per un’intera giornata e la sera, con un preciso rito, il quadro è consegnato a un'altra famiglia. Così finché tutte le famiglie del borgo ospitano la Madonna.

Dal giorno del terremoto dopo che l'affidatario della Madonna, con sprezzo del pericolo, ha portato la Madonna nella tendopoli, questa ha continuato a girare tra le tende, terremotata anche lei, finché il giro si è interrotto e della Madonna non si hanno più notizie. Sembra volatilizzata, svanita nel nulla.

L’augurio che il quadro ritorna a visitare le tende e le case dei Camardesi, che hanno bisogno di certezze per il futuro.

Sradicare le genti di Camarda dalla loro terra, dai luoghi abitati dai loro padri, dai luoghi che hanno visto la loro infanzia, giovinezza, vecchiaia e che hanno visto crescere i loro figli è un peccato contro l’umanità.

La mia esperienza.

Il popolo abruzzese e aquilano, in particolare, lo conoscevo già poiché mi sono rapportato e condiviso con loro circa sette anni in due periodi differenti. Il primo nel 1985 – 87 e il secondo dal 1995 al 1999. Il loro orgoglio, la loro umiltà e il loro "farti sentire" di casa, dopo avere superato gli esami a cui ti sottoponevano, già li avevo condivisi nei periodi della mia permanenza a L’Aquila.
Sono ritornato in questa occasione per sanare un debito morale che avevo con loro, ma ora questo debito è cresciuto di più. Sono andato per fare servizio, l’ho fatto secondo le mie capacità, competenze e cuore, ma ho ricevuto tanto “materiale” in cambio che ha fatto crescere enormemente il debito di cui parlavo prima.
La dignità che hanno mostrato, pur trovandosi in difficoltà oggettive, di chiedere con gentilezza quanto gli era dovuto a saldo della tragedia accaduta e per l’abbandono politico di cui sono circondati sono insegnamenti indimenticabili ed incancellabili di vita.
La tendopoli in cui vive la maggior parte degli abitanti di Camarda è gestita dalla Protezione Civile della Regione Sardegna dal 16 aprile 2009. Prima di questa data vi era una sistemazione provvisoria e un’autogestione del campo che era provvisoriamente montato lungo la statale. Gli sforzi (aiuti e interventi di enti preposti all’emergenza) maggiori erano indirizzati ai luoghi che davano più visibilità mediatica. Gli abitanti raccontano che vedevano passare gli aiuti ma che nessuno si fermava o chi lo faceva era un fatto sporadico e non continuativo.

Della settimana che ho vissuto con loro nella tendopoli mi resta la rabbia dei giovani, chiusi nella loro tenda e rifiutando qualsiasi contatto con l’esterno, paesano o straniero che fosse. Ho tentato di coinvolgerli in attività consone alla loro età ma la loro risposta era sempre negativa e educatamente insofferente. Non ho desistito, qualcosa alla fine è stata smossa! Il sorriso dei bambini e la loro felicità nel giocare, ma mi preoccupava la violenza che esplodeva nell’affermare le loro ragioni. Le chiacchiere fatte con i vecchi della tendopoli, la loro sfiducia nelle istituzioni, il loro fatalismo e i loro ricordi del tempo che fu. La rabbia delle signorine e ragazze quindicenni che non hanno alternative alla vita da campo e non possono sfuggire al pensiero dei compagni scomparsi e che non ritroveranno più all’apertura delle scuole e/o delle attività commerciali. Il loro futuro come sarà colorato? La loro vita come sarà dipinta?

Sicuramente resta la mia crescita personale avuto confrontandomi con le persone incontrate; il sorriso dei bimbi e il loro salutare nostalgico al momento della nostra partenza; il saluto con un arrivederci degli anziani; l’ultima parlata con i giovani e il saluto caloroso degli altri volontari del campo.
Alla fine il dubbio mi assale forse abbiamo fatto qualcosa di buono, forse abbiamo trasmesso il nostro amore, forse siamo stati capaci di farci capire e per questo accolti nella loro comunità. Forse il nostro messaggio è passato ed ha colpito chi si è fidato di noi.

Grazie a tutti voi Camardesi.

Franz Petito.



Abruzzo 2009

Uscita alla cascata dello Schioppo e Vita al campo